SHARE YOUR TIME, SHARE YOUR ART
Group Show
Online Exhibition
a cura di Valentina Luzi | Emmeotto Arte
Il 10 marzo 2020 si sono chiuse le porte delle gallerie, dei musei, di tutti i luoghi della cultura. Quel giorno non sapevamo quanto sarebbe durato quel momento e cosa sarebbe successo da lì in poi. E ancora oggi, che ci riappropriamo giorno dopo giorno, passo dopo passo, dei nostri “spazi” fisici e mentali non abbiamo la certezza di quando torneremo a vivere l’arte con le sue consuete modalità e nei suoi contesti, che sono poi quelli che la rendono viva.
L’idea di Share your Time, Share your Art è nata subito, all’inizio del lockdown, per trovare un modo per restare “connessi” con le persone, se pur da lontano. Per condividere, attraverso gli unici mezzi “virtuali” che ci erano rimasti e da poter utilizzare senza limiti, contenuti che potessero suscitare una riflessione, catturare lo sguardo, rubare un momento.
E perché non abbattere i confini e coinvolgere chiunque volesse, attraverso una call? Non per una semplice pubblicazione di un post su Facebook e Instagram, ma per unire l’arte ad un pensiero, attraverso qualsiasi espressione artistica. E da lì ha preso forma una raccolta di emozioni diverse: riflessioni personali, citazioni, opere più o meno recenti, video, progetti che prendevano vita in quarantena, scambi di empatia. Ogni giorno una scoperta, una sorpresa, l’arrivo di qualcosa di inaspettato, una linfa sempre diversa.
Dopo poco più di due mesi, abbiamo raccolto una corposa testimonianza partecipativa che caratterizzerà per sempre questa fase delle nostre vite. Un regalo che gli artisti hanno fatto alla galleria e a cui noi cerchiamo di dare un’ impronta ancora più forte, permettendo a tutti di andare a leggere, guardare, riflettere…una sorta di diario che, con il passare delle settimane, riempiva i nostri social, ma che ci ha dato l’opportunità di andare oltre la semplice visibilità, di creare interazioni inedite.
In questa “pausa” il web è stato una presenza costante, fedele, sempre pronta, ma non potrà mai essere totalizzante per la fruizione dell’arte e quando torneremo a vivere le opere lo faremo con la consapevolezza che il tempo non è stato vano, ma è servito come in questa occasione a creare nuove sinergie e conoscenze, input, idee e dialoghi. La comunicazione virtuale sarà il nostro supporto per il futuro, un punto di forza, senza dubbio, ma quando torneremo all’esperienza, allo scambio, a incontrarci, a muoverci e a vederci sapremo di non aver fermato le nostre menti e le nostre azioni, condividendo tempo e arte.RENZO BELLANCA
“Sono sempre stato attratto da città, territori, luoghi che hanno sempre stimolato un’intima ricerca verso quelle popolazioni che hanno vissuto e vivono quegli spazi e che li hanno modificati con opere che a volte li valorizzano, altre li devastano. Il flusso delle popolazioni che da sempre sono alla perenne ricerca del luogo ideale, determinata da scambi culturali, di lavoro, di commercio o da politiche non sempre condivise, ha posto l’umanità in una condizione di necessità: la necessità dell’erranza. Letteralmente l’errare, il vagabondare, ma anticamente inteso come stato di errore, di incertezza. Ecco che la perenne ricerca del luogo ideale genera flussi umani che uniscono le due cose. La ricerca di quei territori su cui fondare le città ideali e l’eterno vagabondare, anche nell’incertezza, ci ha portato a idealizzare luoghi dove vivere e, via via, a modificarne i territori, le città, le isole. Tendendo conto di questa istanza, umana oltre che sociale, immagino i luoghi di partenza e di arrivo, per raccontare storie di genti diverse, soffermandomi su questo e quell’altro territorio e cogliendo possibili suggerimenti di cartografie da leggere come nuove mappe contemporanee, per nuovi itinerari. Ma lo stato attuale, quello che oggi stiamo vivendo, ha qualcosa di apocalittico, di inimmaginabile. Ha di fatto fermato quello che per millenni l’uomo ha fatto: Viaggiare. Nessuna guerra era riuscita a fare quello che un virus invisibile oggi sta facendo, condizionando l’intera umanità. E la stessa umanità, con un uso spregiudicato delle risorse, ha condizionato il pianeta. Credo che, uscendo da questo periodo, sia necessario ripensare nuovi modelli comportamentali, urbanistici, paesaggistici, economici. Immaginarli deve essere un obbiettivo comune e, personalmente, attraverso la mia ricerca, li ho sempre desiderati. Da sempre ho cercato di dilatare i miei confini fisici spingendomi fino a quelli mentali, avendo come punto di partenza il desiderio: il desiderio della ricerca di un luogo non necessariamente fisico, non necessariamente mentale, un luogo che abita dentro di noi. Questo mi rimaneva anche facile sapendo di non essere privato del viaggio fisico. Ma vorrei continuare ad immaginare tutto ciò ancora come prima, e sono certo che questa battaglia sarà vinta. Da queste riflessioni nascono inedite cartografie, che spostano ancora più lontano il mio abituale punto di vista in Pianta. Nascono le Satellite Maps. Allontanarsi mi fa stare ancora più dentro alle cose, diventa più spirituale e come in una sospensione atemporale ne percepisco i contorni, le atmosfere e l’insieme. La tipologia dei viaggi intrapresi, a volte fisici altri idealizzati, si soffermano su storie e tematiche che vale la pena raccontare e che da sempre catturano aspetti della mia sensibilità, suscitandomi lunghe riflessioni che mi portano ovunque, in nessun luogo.” - R.B.-
Renzo Bellanca, vive e lavora a Roma da circa trent’anni. Artista, scenografo e docente di Scenotecnica all’Accademia di Belle Arti di Firenze, si avvicina alla pittura da giovanissimo indagando le possibilità espressive di diversi materiali. Dagli anni ’90, la ricerca e la sperimentazione artistica si sviluppano e interagiscono tra cinema, teatro e televisione collaborando con registi e autori come Virzì, Muccino, Giordana, De Sica, Risi, Veronesi, Ronconi, Landi, Placido, Zampieri, Genovesi e molti altri. Dagli anni 2000 ad oggi è protagonista di importanti esposizioni, che presentano un linguaggio maturo e consapevole che pone l’attenzione sulla materia e sul segno fino al concetto di sezione stratigrafica: “Doppio Linguaggio” al Chiostro del Bramante di Roma (personale che nasce da un progetto multiculturale che vede la collaborazione con alcuni importanti scrittori come Savatteri, Cotroneo, Falconi, Calaciura, Galluzzo, Camarrone…), la partecipazione alla 54a Biennale di Venezia – Padiglione Italia, al Museo d’Arte Contemporanea di Ourense, alle Fabbriche Chiaramonte di Agrigento, “Urban Skin” alla Fondazione Umberto Mastroianni di Arpino e “Everywhere, Nowhere” alla galleria Honos Art di Roma. Nel 2005 l’editore Sciascia pubblica un catalogo dal titolo “Renzo Bellanca Opere”, una selezione di lavori che vanno dal 2000 al 2005. Da settembre 2018 a febbraio 2019 è stato protagonista a Roma della mostra personale “The Journey” al Relais Rione Ponte e della collettiva “Introspective Window” alla Galleria Emmeotto di Roma.
GEORGINA SPENGLER
L’incisione nel legno è una riflessione di Andrei Tarkovsky:
“L’immagine artistica è qualcosa di indivisibile, intangibile, che possiede le qualità del mondo che essa esprime. È la relazione tra la verità assoluta e la nostra coscienza euclidea. Non possiamo coglierla nella sua forma pura, ma possiamo supporre l’esistenza ed esprimere la nostra relazione interiore con essa.
In sostanza un’immagine poetica non è decifrabile.
Se il mondo è misterioso la veridicità dell’immagine consiste nel portare in sé una certa dose di quel mistero.”
Georgina Spengler è nata ad Atene, Grecia e ha vissuto negli Stati Uniti, Olanda e Francia. Ha studiato alla Corcoran School of Art a Washington D.C. e alla Boston University School of Fine Arts. Lavora e vive a Roma. Tra le mostre più recenti: ‘Segno dell’acqua’, Galleria MAC, Roma; ‘Atelier’ 20-26/5’ MacroAsilo, Roma; ‘Un certain regard’, con Edith Urban e Daniela Monaci , La Nube di OOrt, Roma (2019).
LUCA BRUNETTI | I’m not a Human
“Esiste un percorso dentro ognuno di noi, la consapevolezza dell’Io. Il Covid-19 ha reso questo processo, per chi l’ha compiuto o per chi lo stava compiendo, impossibile, distruggendo l’idea di identità dell’uomo, attaccati dalla natura, da se stessi. I’m not a Human, vuole portare alla luce questo annichilimento dentro potenziali infinite rinascite.” - L. B. -
Luca Brunetti è nato e cresciuto a Roma, dopo essersi laureato al Dass all’Università La Sapienza e conseguito il Master Triennale alla Scuola Romana di Fotografia, è diventato assistente di due fotoreporter per diversi anni. Dopo la fine di quest’esperienza lavora in proprio come freelancer, diventando fotografo di eventi specializzato. Ha collaborato con il FAI (Fondo Ambiente Italiano), il Goethe Institute (Centro Culturale Tedesco) ed OMaR (Osservatorio Malattie Rare). In parallelo sta portando avanti progetti personali sull'identità dell'essere umano, grazie alla collaborazione con Yogurt Magazine.
VERENA D’ALESSANDRO
"Nessun mezzo migliore di sfuggire al mondo, che l'arte; nessun mezzo migliore per entrare in contatto col mondo, che l'arte" - Le affinità elettive - Wolfgang Goethe
Verena D’Alessandro si laurea in Lettere Moderne, si specializza in Sociologia dell’Arte e della Cultura all’Ecole des Hautes Etudes di Parigi e si diploma in pittura alla Scuola Comunale di Arti Ornamentali di Roma.
Insegna per diversi anni Sociologia dei Processi Culturali e Comunicazione Visiva all’Università La Sapienza di Roma; scrive e pubblica varie decine di articoli su riviste scientifiche e 5 libri di saggistica. Dagli inizi del 2000 ha partecipato, su invito, a numerose rassegne e mostre d’arte di rilievo in Italia e all’estero e ha presentato i suoi lavori in una ventina di mostre personali di cui le più recenti:
Juste une rêverie, Espace Christiane Peugeot, Parigi (2016); Nel silenzio dell’immagine, Pinacoteca d’Arte Contemporanea, Gaeta (2016); Ariosamente, 28 piazza di Pietra–Fine Art Gallery, Roma (2017); Nel corso del tempo, Aqua gallery, Terracina (2017) ; Fragili Equilibri, Museo della Carta e della Filigrana, Fabriano (2018).
Sue opere fanno parte di collezioni permanenti di fondazioni d’arte, musei e pinacoteche oltre che di diverse collezioni private in Italia e all’estero.
FRANCESCA POMPEI
“La foto d’architettura ha a che fare con i luoghi dell’abitare collettivo ed il paesaggio urbano, elementi ricchi di una loro specificità sociale e culturale a cui bisogna accostarsi con rispetto ed attenzione.
Registrare non basta: bisogna affrancarsi dal ruolo di fruitori inconsapevoli ed aprirsi a ciò che si ha davanti, astraendosi dal normale modo di vedere le forme e le geometrie delle cose. E' necessario smantellare l'immagine conosciuta e prevedibile per ricostruirla sulla base di nuove coordinate mentali di riferimento, come immagine da offrire allo sguardo attraverso linee e scansioni di volumi.
Una sfida che si traduce in un'unica esperienza estetica che modifica l’osservazione permettendo di creare il proprio alfabeto visivo.
E’ così che nasce Softness, un frame che non mostra l’insieme ma ne seleziona un dettaglio, parte per il tutto che sottintende un approccio non descrittivo ma piuttosto procede per sottrazione. Una tensione plastica e dello sguardo che si sposa con il medium fotografico per affinità naturale, in un reciproco rinnovamento che si astrae dal tempo e dallo spazio.” - F. P. -
Francesca Pompei è una fotografa laureata con lode in Filosofia e specializzata in immagini di arte ed architettura, membro del direttivo di Tau-Visual, Associazione Nazionale Fotografi Professionisti dal 2014 al 2020. Dal 2013 fa parte di PhotoVogue, dell’Art+Commerce Agency-PhotoVogue Collection di New York ed è rappresentata dalla Galerie Bruno Massa di Parigi.
Tra la sua attività espositiva: Art Basel Miami Beach 2013, Affordable Art Fair New York 2014, Select Fair-Frieze Art Fair New York 2014, FOTOGRAFIA-Festival Internazionale di Roma 2014, Art Fair Tokyo 2015, Oltre le Mura di Roma 2016, Museo MACRO-Testaccio di Roma, Premio Arte Laguna 2016- Nappe dell’Arsenale Venezia, Oltre i libri-Biblioteca Angelica Roma, Celeste Prize 2016 Oxo Tower Wharf Londra, Affordable Art Fair New York City 2016, Art Basel Miami Beach 2016, Art Fair Tokyo 2017, Art Busan 2017, PhotoPlus Expo New York 2017, Artissima 2017- Museo MIIT Torino, Architectural Digest Design Show New York 2018 -Making Strange, Praxis Gallery & Photographic Arts Center di Minneapolis, Affordable Art Fair Hong Kong 2018, 5th Biennial of Fine Art & Documentary Photography-Barcellona, Photokina 2018, Paratissima Art Fair 2018, Artrooms Fair London 2019, Art Fair Paris 2019, Visuali italiane, Tokyo, Future Now Aesthetica Symposium 2020.
E’ online su LensCulture, blink, Dodho, Fondo Malerba per la Fotografia, L’Oeil de la photographie, PhotoVogue, Saatchi Art, Aesthetica Magazine, OpenEye, Artsper, Artsy e Artnet.
Il suo nome è inserito nella rivista Art in America's 2017 Guide to Museums, Galleries and Artists, tra i TOP 100 artists 2018 dalla Circle Foundation for the Arts-France e nel 10% di Top entries del World Press Photo 2019.
PINO NAVEDORO
“L’opera è ormai datata, ma l’arte non ha tempo, significa e segnifica in maniera assoluta.
“Riposo” rappresenta l’incomunicabilità all’interno di una coppia che, a volte, è generata da momenti passeggeri e diviene il pretesto per una rinascita.
A sinistra il simulacro di un'esistenza persa o in potenza; alla sua destra un recipiente per l’acqua, principio di vita.
In questi giorni le libertà di ognuno vengono messe a dura prova e i sottili legami che ci legano rischiano di spezzarsi.
In ogni possibile situazione difficile, però, in ogni domani, c'è sempre una prospettiva catartica.” - Pino Navedoro -
Pino Navedoro è nato a Gravina in Puglia nel 1973.
La sua prima passione per la pittura, incoraggiata dal nonno artista, fu messa da parte per diversi anni mentre perseguiva la sua istruzione superiore. Si è laureato presso l'Università degli Studi di Firenze dopo aver studiato letteratura moderna e specializzato in storia dell'arte.
È autore di numerose pubblicazioni, tra cui "Le chiese rupestri di Gravina in Puglia, considerazioni preliminari su alcuni siti noti e alcuni ancora da scoprire" con una presentazione di Cosimo Damiano Fonseca (2006); "Gravina in Puglia, a Town Guide" (2006); “Giovanna Frangipane Della Tolfa, dalla madre di Papa Benedetto 13 alla monaca di clausura” (2006).
È tornato alla pittura, pur perseguendo altri interessi, nel 2006.
Nel 2011 Navedoro ha iniziato a esibirsi in varie mostre, come il Padiglione Puglia alla 54a Biennale di Venezia, che si è tenuta presso il Complesso di Santa Scolastica, Bari.
ANNA DI FUSCO
“ L'arte è il grido dell'anima...ha il potere di rasserenare, non quello di farci chiudere in noi stessi o sentire a disagio, l'espressione artistica deve incoraggiare chi è stanco, rigenerare e sollevare il morale a chi è sotto tensione." - Daisaku Ikeda -
Anna Di Fusco Nasce a Sesto Campano (Isernia) e si trasferisce a Roma dove si laurea in Lingue e letterature straniere. Dopo 30 anni di lavoro nella compagnia di bandiera si dedica a tempo pieno alla sua passione,la pittura. Tra le mostre più recenti: "Risonanze multiple" Galleria Gallerati, Roma, "La seconda strada destra" Galleria Arte e Pensieri, Roma, “Atelier” MacroAsilo, Roma (2019); “Il deserto dei Barbari" Galleria Arte e Pensieri, Roma, “Il volo di Pegaso" Museo della civiltà, Roma
(2018), " Hearth and Soil " Food and Agriculture Org. of The United Nations, Roma (2017).
Le sue opere sono presenti al Museo Garibaldino di Teano, alla Sala consiliare di Sesto Campano e in collezioni private. Vive e lavora a Roma.
CLAUDIO BOZZAOTRA
“Attraverso un gioco di rimandi tra il Capitello Corinzio, simbolo di vita oltre la morte.
(“ Virgo civis Corinthia iam matura nuptiis inplicata morbo decessit...", "Una vergine di Corinto già matura per le nozze, colpita da una malattia morì) e la chiocciola.
La Chiocciola può ritirarsi nel suo guscio, anche per lunghi periodi, ad esempio in inverno, per poi riemergere in primavera. Questo ci insegna che a volte la migliore strategia è non fare nulla per un certo periodo. Una sorta di caverna cosmica, metafora della nostra casa quale guscio protettivo.” - C. B. -
Claudio Bozzaotra, nato a Napoli nel 1959, vive e lavora a Marigliano (NA); architetto dottore di ricerca in Composizione architettonica, già docente di progettazione Architettonica presso la Facoltà di Architettura di Napoli (2000/’01 – 2008/’09) e la Facoltà Pontificia, sez. San Luigi, di Napoli (2010/’11), alterna l’attività professionale a quella artistica partecipando, dal 1979, a mostre d'arte personali e collettive, in spazi pubblici e privati, sia in Italia che all’estero.
Sue opere sono in collezioni pubbliche e private e pubblicate su giornali e riviste specializzate, vantando, se stesso, pubblicazioni di testi critici e specifiche edizioni sia nel campo dell’architettura, sia nel campo dell’arte.
PABLO RUBIO - Diario di un viaggiatore immaginario
“E’ un progetto fotografico nel quale raccolgo diverse serie, come ad esempio Autoritratti, Radiografie e Contesti. Sono immagini urbane realizzate con fotocamere digitali e telefoni cellulari, elaborate digitalmente, sovrapponendovi inoltre texture e grafie, adottando un concetto di unicità, vale a dire, non sono prodotte in serie. È un documento visuale dei muri e degli oggetti architettonici delle nostre strade e delle nostre città, che vengono reinventate quotidianamente attraverso annunci, segnali e cartelli, che adottano un nuovo essere, per essere divorati nelle ore seguenti. È un testimone che non giungerà a trasformarsi in presente.
Immagini che desiderano metabolizzare l’istante, che apportano informazioni visuali ad una velocità vertiginosa, capaci di modificarne la visione nella nostra memoria, dal momento che adottano nuove identità nel trasformare le loro capacità narrative in un mondo frenetico, al quale interessa solamente digerire un flusso di informazione continua, senza sostrato critico. L’accumularsi di strati di carta, di lamiere o di grafie, trasforma le nostre realtà urbane, cambia la visione del ricevente, essendo costui un consumatore di un mondo che avanza verso la distopia, ed essenzialmente sepolto nei suoi scarti cognitivi.
La mia vita è il tempo ed il linguaggio frammentato. È un pensiero circolare, perenne nella mia ricerca di comunicazione. La paura dell’oblio, dell’autodistruzione e del tragico divenire. La memoria, la sua identità e la sua perdita, tanto costretta quanto involontaria.; il LINGUAGGIO, il fatto di continuare a respirare e ad inventare nuovi ricordi. Sebbene sia un lavoro biografico, è pienamente estensibile a qualunque spettatore o testimone. Immagini e testi che desiderano metabolizzare l’istante, che apportano informazioni visuali ad una velocità vertiginosa, capaci di modificare la scena nella nostra memoria, dal momento che adottano nuove identità nel trasformare le loro capacità narrative. Del cambiamento del nostro futuro. Dimenticare l’esistenza, dimenticare persino di averla vissuta. Il tentativo di aprire un dialogo con il tempo, conoscendo in anticipo il risultato della sconfitta. Una memoria ed un’identità personale e collettiva pronta per la propria dissoluzione. Cosa ci rimarrà?” - P. R. -
Pablo Rubio ha esposto I suoi lavori in molte personali e collettive tra cui ricordiamo: LA MAÑANA DE UN BLANCO LUNES, Patio central Iltre. Colegio Abogados Córdoba en el 250 Aniversario de su fundación (2019); VIENTO DE COMPONENTE SUR, para el proyecto Mujeres en Movimiento - Imágenes O17, Córdoba, (2017); ESTADOS INDEFINIDOS PARA UNA EXISTENCIA, SPE Tenuta Dello Scompiglio, a cura di Antonio Areválo, (2013); L IDENTITÀ FRAMMENTATA, Galería Ingresso Pericoloso, a cura di Ángel Moya García, Roma (2010); WOW! We Own the Wave, collettivo artistico 100%contemporaneo, (2020); NEL CERCHIO DELL’ ARTE Tempo & Denaro, Mostra Multimediale., A cura di Antonella Sbrilli e Maria Stella Bottai, con la collaborazione di Paolo Fenu e Nicola Mittempergher, Centro Trevi, Bolzano (2017); DALL OGGI AL DOMANI. 24 ore nell arte contemporánea, a cura di Antonella Sbrilli e Maria Grazia Tolomeo, MACRO - Museo d’ Arte Contemporanea Roma (2016)
PIETRO DENTE - Punta, linea e grattacielo
“Il titolo del progetto si ispira allo scritto di V. Kandinskij– Punto linea e superficie – in cui vengono trattati argomenti a me cari e di interesse fondamentale per la pittura in generale. In questo trattato infatti viene sviscerato il molteplice e mutevole significato di simboli quali appunto il punto, la linea e la superficie, che vengono tradotti dal linguaggio matematico a quello della scrittura e infine trasportati nell’ambito artistico. Proprio tali simboli sono quelli che utilizzo per la costruzione dello spazio nelle mie opere, a formare quell’unità da me prediletta che è il grattacielo, la città, lo spazio urbano, che si arricchiscono poi di colori e dimensioni a rappresentare la mia visione ideale dell’umanità, la “natura” costruita dall’uomo. Con questo progetto mi propongo di fare un omaggio ai miei artisti preferiti, integrando, mescolando e reinterpretando alcune delle loro caratteristiche stilistiche all’interno dello spazio creativo della mia serie di quadri “Aria dura per la finzione di uno scorcio urbano”. Questa interazione avviene tramite lo sviluppo e rimodellamento dello stile dell’artista all’interno della mia visione artistica o tramite un inserto stilisticamente ben definito e riconoscibile di elementi caratterizzanti dell’autore scelto.
Aria dura per la finzione di uno scorcio urbano Panama - omaggio a Yves Klein: ho ricreato il suo tipico e vivido blu (IKB - International Klein Blue) miscelando il pigmento oltremare al colore che utilizzo maggiormente: l’acrilico. Come Klein ho dipinto una tela monocroma dove il blu diviene la rappresentazione dello spazio eliminando ogni individualità e riferimento all'umano. Sulla lastra ho raffigurato un paesaggio di Panama utilizzando altri 2 dei principali colori della pittorica di Klein, il rosa e l'oro. Nella sua poetica il blu è associato al Nirvana, alla pace e allo svuotamento, il rosa al corpo, al sangue, alla ridiscesa sulla terra e all'incarnazione, mentre l'oro è metafora della materia illuminata dalla vita, inteso come intermediario tra mondo visibile ed invisibile. Perciò ho utilizzato questi colori per simboleggiare le parti costituenti del paesaggio urbano: sullo sfondo la “natura” infinita in blu, su cui l’uomo ha poi costruito le sue strutture urbane, il suo corpo sociale attraverso la materia e i materiali.” - P.D. -
Pietro Dente nasce nel 1977 a Padova dove frequenta il liceo artistico Sacro Cuore, prosegue poi gli studi presso il D.A.M.S. di Bologna indirizzo Arte dove si laurea nel 2003.Dopo gli esordi caratterizzati da un mix di astrattismo, surrealismo, dadaismo, computer-art e neo-medievalismo inizia a concepire una tecnica nuova che, anche grazie ad alcuni viaggi in metropoli come Berlino e Londra, sfocerà pian piano nell’attuale stile dell’artista. Inizia quindi a comporre opere su 2 livelli: il primo è costituito da una lastra di policarbonato dipinta con colori a rilievo raffigurante scorci più o meno colorati di grandi metropoli, il secondo è costituito dalla tela sottostante dipinta con acrilici stratificati e trattati secondo particolari metodi. Le 2 superfici unendosi creano un’unica composizione ove i livelli si fondono creando nuove soluzioni percettive. Inoltre la lastra è posta in modo da creare un effetto ondulato che fuoriesce dal quadro donandogli la terza dimensione; ciò avvicina maggiormente l’osservatore all’opera (che cerca di guadagnare maggior spazio nel “mondo reale”) e crea nel contempo effetti di ombre e riflessi che mutano col movimento di chi osserva. Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero tra cui ricordiamo le più recenti: Metropolitan Embedded Systems III, Personale a cura di Maria Giovanna Dal Tin, San Gregorio Art Gallery, Venezia 2019; Just for dreamers, Federica Morandi Art Project, Magenta (MI) 2018; Urban waves, Personale a cura di Berardino Nicola, Galleria OrtArte, Orta San Giulio (NO) 2018; Affordable Art Fair Milano, Galleria Berga, 2018, Paratissima 14, Galleria Independent artists, Torino 2018; Pop Art: dai Grandi Maestri agli Artisti contemporanei, Federica Morandi Art Project, Magenta (MI) 2018; Art3f International Contemporary Art Fair, Galleria Independent artists, Luxembourg; Arte Vicenza 2018.
SILVIA FIORENZA
Nel colore c’è luce, nella luce la soluzione al proprio caos. Silvia Fiorenza, diplomata presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, racconta di sé nel cambiamento della forma. Dal figurativo all’astratto, dagli angoli alle morbide curve, la giovane artista utilizza di volta in volta il colore come voce indispensabile per esprimere le emozioni vissute. “Dipingere è tempo che togli o aggiungi alla tua vita”: nell’arte Silvia affina la propria percezione. Mondo esteriore e mondo interiore: le due estremità dello stesso binario. Dalla finzione di ciò che c’è fuori alla verità di quanto si custodisce dentro. Nel caos la vita si svela per ciò che è, si fa riconoscere nella sua verità, chiedendo di eliminare il superfluo per poter aggiungere più colore (Nina Dettoni).
La storia di Silvia Fiorenza viene da lontano.
Da quando, giovanetta pensosa e attenta osservatrice del mondo intorno a lei, capiva che il suo io più nascosto e profondo aveva bisogno di esprimersi, camminare, raccontare, rappresentare. Quelle sensazioni, esplorazioni, i fremiti interiori, cominciò a descriverli con il disegno. Figure, interni, oggetti, paesaggi, riflettevano le sue idee e i suoi pensieri. Poi la pittura, inevitabilmente. Amava analizzare e riflettere sui significati delle opere dei grandi maestri, del passato e moderni. Voleva aprirsi, con se stessa e gli altri. Ma fin da principio voleva distinguersi, non essere catalogata o peggio, associata a questo o quel pittore con qualcuno che dicesse ”si nota che hai visto l’opera di… “ . Voleva essere leggibile, ma diversa. E lavorò tanto, giorno e notte: tante tele, tanti schizzi, uno studio continuo fino a raggiungere il risultato cercato. La “modern painting” ha in lei la protagonista assoluta. La sua opera è l’espressione più vera, autentica del suo pensiero, del suo “io”, ancora una volta, del suo animo. Di fronte alla quale, come raramente accade, si può dire: questa è l’arte, questa è la vita. (M. Ciabatti).
PENELOPE CHIARA COCCHI
La relazione tra il genere umano e la natura è alla base dell'arte di Penelope Chiara Cocchi. I legami tra le loro storie, riflessi nei suoi primi studi all'Accademia di Belle Arti della Scuola di Pittura di Bologna, da allora sono rimasti al centro delle sue ricerche e opere d'arte.
Inseguendo i segreti e i misteri di questo tema, i viaggi interculturali di Penelope diventano esplorazioni creative che esaminano tutto, dagli spazi nascosti del passato all'universo senza fine. Intrecciando punti di vista scientifici, filosofici, psicologici, sociologici con visioni oniriche, le sue creazioni sono allo stesso tempo intellettuali e spirituali.
Mentre Penelope esplora i legami tra l'umanità e la natura, le tecniche creative e la mano dell'artista agiscono come una cosa sola. Senza esitazione sviluppa e abbraccia insolite combinazioni di materiali e tecnologie per dare forma alle sue idee. Dai piccoli tesori trovati in Natura alle scatole luminose che emettono scintillanti cancelli a stella cosmici, il suo lavoro ci invita a condividere la sua visione magica del luogo umano sulla Terra e nella vasta arena cosmica.
I suoi lightbox della serie "Star Gate" sono specchi infiniti, che rompono il muro e sembrano infiniti. Per realizzare queste opere tecnologicamente complesse, l'artista lavora in collaborazione con ingegneri e scienziati come gli astrofisici.
Penelope, nome d’arte di Chiara Cocchi, vive e lavora tra Bologna e gli Stati Uniti. Concentra la sua ricerca artistica su quello che lei considera il più importante tema sociale della nostra era, dal quale tutti gli altri temi scaturiscono: il rapporto tra l’Uomo e la Natura. L’interrelazione tra le loro storie, la mente naturale, l’origine delle idee, la filosofia delle origini, l’antropologia, l’astronomia e la scienza accompagnano e sono l’origine delle sue opere dalle prime produzioni in Accademia fino a oggi. Le opere di Penelope abbracciano diverse tecniche: lightbox tecnologiche, fotografia, scultura, pittura e disegno. L’artista si avvale del supporto tecnico e della collaborazione di ingegneri per gli aspetti tecnologici e di scienziati e astrofisici per i contenuti delle opere. Queste lightbox sono infatti il risultato di studi approfonditi sia in ambito scientifico che in materie umanistiche, quali filosofia, sociologia, linguistica e politica. Tra le principali mostre ricordiamo: “Forgotten Spaces: all that is left behind” a Palazzo Dandolo in occasione della Biennale d’Arte di Venezia e “We are all made of stardust: Paintings on Natural and Mysteriously Found Objects” all’Istituto Italiano di Cultura a San Francisco nel 2015, “Avatar” al Museo Internazionale della Musica di Bologna nel 2016, la doppia personale con Erwin Wurm “Star Gate” a Palazzo Dandolo in occasione della Biennale d’Arte di Venezia e la partecipazione al Padiglione Nazionale della Repubblica di San Marino, nell’ambito di “ The Friendship Project” nel 2017. Le sue opere sono presenti nelle collezioni di Diane Keaton (Los Angeles), Brian de Palma e Susan Lehman (USA), Lamborghini (Bologna), Hotel Danieli (Venezia), Ibrahim Al Assmakh (Qatar), Finecobank, e Parker Collection (NYC).
La parola Ho’Oponopono ha origine nelle isole Hawaii, e si traduce letteralmente in “rimettere le cose al proprio posto”. Secondo l’Ho’Oponopono, chiedere perdono per un errore commesso trasforma l’energia negativa che noi stessi abbiamo creato in energia positiva.
L’energia si rinnova e si ripresenta in un’altra forma.
Se percorriamo con lo sguardo il disegno, e seguiamo le parole che vanno a comporre il simbolo matematico dell’infinito, torniamo sempre al punto di partenza. Risiede qui la bellezza di questo simbolo che, come un mantra, è ciclico e si interrompe solo per volontà del nostro sguardo.
Il mantra dell’Ho’Oponopono ripete le parole “Ti amo, Mi dispiace, Perdonami, Grazie” e si può leggere e ripetere infinite volte. L’opera di Penelope è accompagnata dalle stelle di nascita di chi possiede l’opera d’arte. In questa scelta rientra il principio di unione tra uomo e cosmo che è sempre presente nella ricerca artistica di Penelope. Ricerca affine con i principi filosofici dell’Ho’Oponopono: tutto ciò che percepiamo, sentiamo, e osserviamo è stato prodotto da noi e dalla nostra energia. Tale energia non è altro che un’estensione e un’espressione dell’energia del cosmo. - P.C.C. -
ANNA MARIA ANGELUCCI
“Giorni fa ho fotografato l'alba e ora, la disegno con matite colorate seduta sul pavimento ma le maioliche lasciano l'impronta sul foglio. Mi chiedo cosa sto facendo e perchè.
Fuori è deserto e siamo tutti chiusi in casa senza poter uscire.
La casa e l'alba sono incompatibili, il pavimento e l' alba sono incompatibili, una è lo spazio l'infinito e l' altra è una realtà oggettiva ferma.
Può essere, forse, che nonostante le difficoltà io crei qualcosa dal nulla con una certezza inconsapevole di avere l'alba dentro di me, e che anche se scomoda mi fa sentire che posso farcela.
...le matite colorate ora sono come alambicchi e fanno la mia alchimia, il mio opus.
Del tutto inconsciamente scelgo di rappresentare l'inizio del giorno in cui il sole sta sorgendo, forse, questa azione artistica mi serve come spinta interiore per tollerare questo momento così pesante.
Per necessità e impossibilità utilizzo i pastelli colorati perchè non sono nello studio e a casa è l' unico materiale che ho a disposizione insieme a semplici fogli A4, ma questa, è la condizione di tutti, è una realtà collettiva in cui siamo tutti uguali in una stasi paradossale carica di paura e incertezza.
La mia speranza è che tutti gli individui possano sentire di avere dentro la luce dell'alba.” - A.M.A. -
Anna Maria Angelucci nasce a Roma nel 1968 dove vive e lavora. Dopo il liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti sezione Scenografia inizia la sua carriera nel '90 con ricerche pittoriche su carta, installazioni e rady-made. Dal 1992 al 1997 viaggia in Spagna dove approfondisce tecniche di incisione e partecipa a numerose esposizioni e progetti culturali. In Germania alla Galerie fur ZEITKUNST di Bamberg nel 1997 realizza la sua prima personale “cinco sentidos” un corpo di opere in tecnica mista e installazione. Dal 2000 espone in Italia e inizia una ricerca con una molteplicità di materiali e supporti, dalla pittura alla post-produzione fotografica alla scultura in terracotta, dal video alle installazioni. Attenta ai temi ontologici unisce il discorso autorale al concetto e alla ricerca. Nel 2017 collabora con l'Istituto Italiano di Cultura del Guatemala e realizza la sua prima conferenza “Accenni di ricerca alla comprensione dell'arte contemporanea” contestualmente realizza workshop e mostre di arte visiva a giovani artisti internazionali. Alcune sue opere sono proprietà della Fundacion Paiz di Città Guatemala. Al Macro Museo di Arte Contemporanea di Roma a Luglio 2019 partecipa con una residenza d'artista all'interno del progetto Macro Asilo realizzando un grande speciale monotipo in plastilina su carta TNT, tecnica inedita creata dall'artista.
BARBARA SALVUCCI
"...il porto sicuro dove rifugiarmi e le acque tempestose dove annegare. Quando l'onda ti travolge perdi l'orientamento al punto che ti sembra di annegare per poi riemergere felice quando si ritrae..." (dal video)
Barbara Salvucci, allieva di Enzo Brunori, nel 1994 si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Parallelamente approfondisce le tecniche della scultura e della formatura attraverso l’utilizzo di diversi materiali come gesso, legno, resine e metalli, non abbandonando mai il disegno ad inchiostro di china e l’incisione calcografica, ancora oggi molto presenti nella sua produzione artistica.
Dopo la prima mostra all’Accademia di Ungheria a Roma nel 2002, ha continuato la propria ricerca artistica e materica, esponendo in numerose mostre personali e collettive in importanti musei e gallerie in Italia e all’estero (Temple University, Roma; MACRO, Roma; MUSMA, Matera; Galleria Paola Verrengia, Salerno; Galleria L&C Tirelli, Vevey, Svizzera). Nel 2013 partecipa alla 55esima Biennale d’Arte di Venezia e nel 2016 due importanti mostre personali la vedono protagonista a Roma: INK al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese e SIGNS alla Galleria Emmeotto – Palazzo Taverna. Nel 2017, entra a far parte della collezione permanente del MOMA Hostel di Franco LoSvizzero, Nel 2014 del MAAM - Museo dell'Altro e dell'Altrove, METROPOLIZ, Roma, nel 2011 del Museo della Scultura Contemporanea - MUSMA, Matera, nel 2010 del CIAC Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea, Castello Colonna di Genazzano, Roma e nel 2008 dell’Università degli Studi di Roma con il MANDALA condiviso di Renato Mambor, Roma.
Il suo lavoro si trova in numerose collezioni private quali Fondazione Giuliani, Fondazione Barillari, Collezione Bulgari, Collezione Cicutto, Collezione Esposito, Collezione Pepi Marchetti Franchi, Collezione Mario Draghi, Collezione Benigni.
Nel 2018 partecipa per una settimana al programma di ATELIER del MACRO Asilo di Roma realizzando un’opera site specific, alla XI Edizione di CULINARIA – Biennale di Arte e Cibo e alle collettive ARTEPORTO – Oltremare nell’Area Archeologica dei Porti Imperiali di Claudio e Traiano a Fiumicino e ROMA SOGNA al Teatro India. Nel 2019 partecipa alla collettiva “Introspective Window” presso la Galleria Emmeotto, Roma.
MC2.8 | Maria Chiara Maffi e Chiara Giancamilli
BARCA A VELA
In attesa che spiri un vento migliore, insieme culliamoci
Maria Chiara Maffi e Chiara Giancamilli sono un duo di fotografe fine art. Accomunate dalla passione per l'arte e la fotografia che hanno deciso di collaborare alla realizzazione di progetti foto-artistici.
Maria Chiara Maffi nasce a Bergamo nel 1992. Consegue il diploma in economia e lingue a Treviglio (Bg) e parallelamente scopre la sua reale passione: La fotografia. Nel 2013 frequenta il corso di fotografia all’Istituto Europeo di Design a Milano. Successivamente, lavora per un anno e mezzo come assistente fotografa in un’agenzia di comunicazione milanese. Vince una borsa di studio presso l’Istituto Raffles Moda e Design di Milano e consegue un Master in fotografia diretto da Denis Curti. Prende parte a mesi di workshop con Giovanni Gastel, Matthias Harder e Aida Muluneh. A Giugno 2018 espone il progetto “Quarantacinque” nella mostra “The Embarrassment Show” curata da Erik Kessels, presso O’ gallery (Milano). Nel 2018 è stata pubblicata con tre fotografie del progetto “(S)Oggetti” sulla rivista “The Fashionable Lampoon" (Issue14). Nello stesso anno, è fondatrice del duo fotografico MC2.8 con Chiara Giancamilli. Nel 2018 vince il PHOTOLUX di Lucca come miglior portfolio con conseguente intervista e pubblicazione sul sito amica.it E’ tra i finalisti di ADG Photo Contest 2019 indetto da ADGALLERY. A Maggio 2019 all’interno della rassegna MILANO PHOTO FESTIVAL presso la galleria “Gli eroici furori” con DOPPIO SGUARDO presenta, in Dialogo a due con Silvia Bottino, la sua ricerca fotografica, I HAVE BROWN EYES curata da Silvia Agliotti e Alessia Locatelli. Vince il premio di acquisizione di MALAMEGI Lab.12 Art prize con esposizione a Hernandez Art Gallery (Milano) Inaugura la personale di MC2.8 presso SPECCHIO41 (Brescia), curata da Pietro Bazzoli. A Luglio 2019 viene selezionata come finalista del CIRCUITO OFF nel contesto del PONTREMOLIFOTOFESTIVAL Prende parte alla collettiva “Auto-Ritratto” a cura di Alberto Desirò e Vittorio D’Onofri, presso ONARTGALLERY a Firenze. A Gennaio 2020 è la vincitrice di ADG Photo Contest 2a Ed, promosso da ADGALLERY ed espone alla Sala del Basolato, Fiesole (FI) a cura di Alberto Desirò. E’ tra i vincitori della prima edizione del premio “New-Post Photography? 2020” indetto da MIA Photo Fair. Attualmente vive e lavora a Milano.
Chiara Giancamilli nasce a Roma il 6 agosto del 1993. Dopo aver conseguito la maturità Artistica nel 2013, si iscrive alla facoltà di Fotografia presso Rome University Of Fine Arts (RUFA), e si laurea con il massimo dei voti. Nel 2017 partecipa alla mostra “IL MIO SGUARDO” - MICRO (Roma). Nello stesso anno espone alla mostra “BEFORE SEX” - TAG Tevere Art Gallery (Roma) curata da Valerio De Berardinis. Nel 2018 intraprende un Master di Fotografia presso la Raffles Milano diretto da Denis Curti, in cui incontra figure di spicco come, Matthias Harder e Ferdinando Scianna. Successivamente, a seguito del workshop con Erik Kessels, espone con una collettiva in “THE EMBARRASSMENT SHOW” - O’ gallery (Milano), curata dello stesso. Nello stesso anno, è fondatrice del duo fotografico MC2.8 con Maria Chiara Maffi. Nel 2019 ha esposto alla 7a mostra/ mercato d’arte moderna e contemporanea Pavia Art, successivamente al VeniceArt - l’Arsenale (Roncade). Inaugura la personale di MC2.8 “LA TRASPARENZA DELL’IMMAGINE” presso SPECCHIO41 (Brescia), curata da Pietro Bazzoli e viene selezionata come finalista del CIRCUITO OFF nel contesto del PONTREMOLIFOTOFESTIVAL e finalista per il PREMIO NOCIVELLI. Successivamente viene selezionata da ADGallery a partecipare ad un’a collettiva dal tema “AUTO-RITRATTO” curata da Alberto Desirò. Attualmente vive e lavora a Milano.
LEONIDAS GIANNAKOPOULOS
Leonidas Giannakopoulos è nato a Creta nel 1983. Ha studiato alla Scuola di Belle Arti di Atene dal 2004 al 2011 stampa, disegno e pittura. Vive e lavora ad Atene ed è stato profondamente influenzato da molte fonti diverse come la serie collage di Max Ernst, la stampa del XIX secolo, Georges Més, l'espressionismo tedesco nel cinema e l’arte del legno giapponese. Leonidas usa tecniche tradizionali come il disegno, la stampa e l’affresco per creare un universo utopico senza tempo. Un linguaggio surrealistico e una narrazione astratta sono utilizzati per invitare lo spettatore a fare i propri pensieri spontanei e associazioni usando come riferimento l'impulso che sta ricevendo dalla dimensione alternativa che è stata suggerita nel suo lavoro.
THEODORA MALAMOU
"Il ricamo tradizionale veniva spesso usato per decorare la propria casa non solo con motivi belli ma anche con messaggi gentili e positivi. Quei messaggi, cuciti tra i confini fioriti, augurano il meglio alle persone, facendo riferimento alla poesia popolare o rassicurano che tutto vada bene. In un twist leggermente ironico, questo dipinto utilizza una composizione standard con modelli tradizionali per incastrare uno slogan piuttosto truce: "le cose cadono a pezzi ". Eppure, la frase deprimente (che cita un verso della poesia " The second Coming" di W. B. Yeats), sembra perdere il suo contesto catastrofico, come se i colori forti e il design elaborato che lo circondano avessero invertito l'incantesimo e lo avessero trasformato in un fascino confortante." - T.M. -
AUGUSTUS VEINOGLOU
Una presa metanarrativa basata su eventi semi immaginari e autobiografici. Le placche visive presentate alludono a un universo europeo parallelo in cui alcune raffigurazioni descrivono relazioni emozionali-spaziali e contraddizioni tra le periferie nord e sud del continente viste dalla prospettiva di un “archi-worker”. Le narrazioni secondarie si basano su scoperte fatte dai suoi datori di lavoro dopo la sua scomparsa, tra cui ritagli di carta, oggetti, fotografie e lettere. Queste sono tracce che rendono l'immagine della sua idiosincrasia "malata".
MANOHAR CHILUVERU | Love + Peace - Balance
“Love, peace, and balance are all about everything in the world. All we need is love in the world to maintain Peace & Balance on the Earth. The LOVE - PEACE- BALANCE is an art series manifested for the exploration of multiple creative possibilities and mediums, and to express and spread love to its maximum, unbounded capacity. This series is a part of Manohar Chiluveru travel project ODYSSEY. The project series will participate in various Art fairs & Art Weeks. The project series aims to develop monumental public sculptures in varied public spaces in the coming years. The show will feature Paintings, Sculptures, and Digital prints and invite the viewer to take part in video record & to pose for photographs voluntarily as an artistic expression. This project series aims to try and make our environment and spaces more meaningful, beautiful, and lovable by creating artworks, inviting people, and features within it to promote the feeling of harmony. The recurring motifs and symbols of love, through monumental sculptures, artistic expressions, and forms for visual and contemplative interaction, are planned as triggers of human emotion. Love is a powerful emotion and feeling that makes us experience joy and motivates us as humans to care for everything we love. When we love, we will be motivated and groomed to care for it. While the world seems taken over by conflict, deep down, we would like for every person and community to care for peace, humanity, fulfilling relations, duties, and responsibilities and contributing well to society…” - M.C.-
Nasce in India nel 1970. Specialmente conosciuto per le performances di pittura dal vivo su larga scala, sculture e installazioni pubbliche, il lavoro di Manohar Chiluveru affronta domande connesse a identità individuali e collettive, connettività globale ed estetica relazionale. Le sue opere sono state presentate alla Pune Biennal in India, al Macro di Roma, alla 56esima Biennale di Venezia e a IAf Indian Art Far
GABRIELE MILANI
"Siamo in un periodo storico davvero unico, dove le connessioni sono cambiate dove la privazione della nostra routine è diventata l'unico modo per evitare il contagio ed in questa situazione abbiamo raggiunto l'uguaglianza da secoli cercata in tutte le nazioni della terra, siamo tutti colpiti allo stesso modo nessuno escluso. Ed in questo caos, nuovo per tutti, sono cadute le barriere, persone sconosciute si parlano dai balconi, tutti si spronano e cercano di aiutare, di chiamare l'amico dottore o infermiere per dire grazie, ma anche l'amico che lavora nella filiera agroalimentare o al supermercato che ci permette di avere ancora tutto, perfino i politici sembrano aver lasciato le lotte di quartiere per combattere un nemico comune ed in tutto questo stiamo assaporando l'importanza della LIBERTA', che i nostri nonni ci hanno donato e che ora, come allora, sono chiamati a difendersi, a combattere una nuova guerra." - G.M. -
Gabriele Milani nasce a Livorno nel 1986. Studia fotografia allo IED di Milano. La sua città di nascita, di scambi e civiltà differenti, influenza la sua ricerca artistica, ricca di contrasti e linguaggi in partenza molto diversi: ne scaturisce una nuova poetica, dove l'arte antica si fonde con quella moderna in un connubio di forme e disegni che attraversano i secoli.
Dopo un diversificato percorso lavorativo che spazia dalla fotografia, al video e alla grafica, Milani debutta nel 2018 con la sua prima mostra in una galleria d'arte con un lavoro raccolto in anni di ricerca, nel quale presta un'attenzione maniacale alla qualità dell'immagine e fa un rigoroso utilizzo dei nuovi strumenti offerti dalla fotografia digitale. Le forme che lo circondano sono plasmate dal proprio vissuto e invitano lo spettatore a prenderne parte. Da quel giorno non si è più fermato andando ad approfondire ogni forma d'arte.
TINA SGRÒ
“Ambienti isolati e deserti. Nei giorni della sospensione umana, ci interroghiamo sul senso della solitudine e dell’isolamento. Aldilà dei singoli punti di vista e dei propri gusti che contribuiscono allo svolgersi della nostra esistenza. I miei ambienti sono privi di materiale umano. Forse perché scaduto da tempo, ammuffito e pronto ad essere cestinato. Quante volte cestiniamo persone solo per cattiveria gratuita e invidia. Gelosie e meschinità. Torniamo indietro, negli anni della semplicità e dei valori. Degli ideali e del sacrificio del “mio” in nome del “nostro”. La condivisione. L’alleanza. La buona coesione sociale. Torniamo alla...VITA per ripartire con nuovi strumenti e nuove idee..."
-T.S. -
Tina Sgrò nasce nel 1972 a Reggio Calabria, dove matura il suo percorso didattico e formativo. Le sue inclinazioni artistiche emergono fin dalla prima infanzia. Frequenta l’Istituto Statale d’Arte di Reggio Calabria e dà inizio ad un percorso artistico/emozionale che sarà importante nella sua vita di donna ed artista.
Consegue poi il Diploma di Pittura presso un’Accademia di Belle Arti italiana con 110/110 lode ed inizia il suo percorso artistico con la partecipazione a prestigiosi concorsi di pittura e a numerose mostre collettive.
Nel 2003 è vincitrice del bando per l’acquisizione di opere d’arte presso la Corte dei Conti di Potenza.
Vince nel 2006 il Premio Arte Mondadori nella sezione Pittura.
Espone in seguito le sue opere in mostre collettive e personali presso importanti gallerie italiane.
Nel 2011 è vincitrice del lotto A3 - bando opere pubbliche, sede della nuova Questura e della Polizia di Stato di Grosseto.
E’ stata finalista al Premio Arte Laguna 2011 e 2013.
E’ finalista al Premio Arteamcup 2016, promosso da Espoarte. Ha vinto il Premio Marchionni 2017 nella sezione Grafica. Nel 2017 è stata anche finalista al Premio Lynx, a Trieste. Nel 2020 è finalista al Premio Artelaguna per cui una sua opera verrà esposta presso le Nappe dell’Arsenale di Venezia.
Sue opere sono state pubblicate sulla prestigiosa rivista internazionale AD, di cui una in copertina.
Vive e lavora tra Milano e Reggio Calabria.
MONICA SARANDREA
"Panta rhei" - tutto scorre. Inutile aggrapparsi a ciò che ci circonda o peggio ancora, al passato. Essere nel presente - per quanto doloroso possa essere - e lasciar fluire la vita, attimo dopo attimo. Voglio accogliere l'impermanenza, la mutevolezza. Il tempo scivola via, con pazienza lo assecondo. Siamo esseri in divenire" - M.S. -
Monica Sarandrea (Roma, 1974) si forma presso La Porta Blu Art School di Roma seguendo i corsi di disegno e pittura del maestro Alberto Parres. Approfondisce lo studio della cromatica e del segno, orientandosi progressivamente verso l’astrazione. Frequenta inoltre il corso di incisione del maestro Roberto Pace e dal 2011 inizia a dedicarsi alla scultura, prediligendo materiali quali la creta, il gesso e il marmo. Dal 2011 al 2013 partecipa a stages di scultura su marmo nell’isola di Thassos in Grecia.
Dal 2006 prende parte ad esposizioni collettive, festival, rassegne di arte contemporanea in Italia e all’estero; tra queste la galleria RvB Arts, MICRO Arti Visive, Centro Culturale Gabriella Ferri, Ex Dogana a Roma, Ca’ dei Carraresi (Treviso), Artbox Project (New York), Galerie L’Atelier (Hünibach, Svizzera), Premio P.A.C.I (Isernia). Sue esposizioni personali si tengono a partire dal 2010 in gallerie e spazi istituzionali tra cui Il Laboratorio, Creative Room Art Gallery, Villa Corsini-Sarsina (Anzio), Sala Orsini (Formello), Studio Tiepolo (Roma). Partecipa inoltre alle due ultime edizioni del RAW – Rome Art Week. Nel 2016 due sculture entrano a far parte della collezione permanente del MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove, Roma. Le sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e in Europa. Vive e lavora a Roma.
CRISTINA PENNACCHI
“L’opera che ho presentato per Share your Time Share your Art,fa parte di una serie di monotipi su carta che ho realizzato nel 2019 e il mio progetto è legato alla narrativa e alla poetica.Ho trovato ispirazione in una decina di testi di autori contemporanei che mi hanno particolarmente colpito. Ho tratto alcuni brani che ho rappresentato pittoricamente cercando di portare alla luce le mie emozioni più profonde, utilizzando una tecnica diretta come quella del monotipo, tecnica rudimentale che permette delle soluzioni pittoriche molto suggestive. Questo monotipo legato ad una frase dell’autore Chuck Palahniuk tratta da "Invisible Monsters" mi è sembrato molto inerente al momento che stiamo vivendo, in cui il caos generato dal Covid19 ha sconvolto le nostre vite e i nostri sentimenti ponendoci di fronte a delle domande e a delle nuove consapevolezze del vivere. Il Caos generato da una situazione interna ed esterna è un disordine tumultuoso che ci fa perdere completamente il senso di orientamento, ma è proprio in questo momento che possono germogliare quei semi dimenticati o mal custoditi nel terreno della conoscenza.” - C.P. -
" Le nostre vere scoperte vengono dal caos, dall'andare nella direzione che sembra sbagliata e stupida e sciocca"
Un altro lavoro, che fa parte del progetto legato alla narrativa, è il monotipo “The sea inside” ispirato dalla lettura di Oceano Mare di Alessandro Baricco
“Questo, mi ha insegnato il ventre del mare. Che chi ha visto la verità rimarrà per sempre inconsolabile.”
Cristina Pennacchi, nasce a Roma e vive attualmente ai Castelli Romani. Inizia i suoi studi, diplomandosi prima all’Istituto d’Arte e, poi, all’Accademia di Belle Arti di Roma (contesto in cui matura un certo interesse verso la pittura materica suggestionata dall’opera di Alberto Burri). Prosegue negli anni su questa strada lavorando sempre su carta, un interesse per la cellulosa che la induce anche a studiare ad Urbino tecniche del restauro del libro antico e delle incisioni. La sua attuale ricerca è orientata verso aspetti antropologici e culturali dei luoghi urbani, ponendo principalmente l'attenzione sul dialogo tra l'uomo e l'ambiente.
SILVANA LEONARDI
“In quest’opera il volto di Georgia O'Keeffe affiora, al di là del dato realistico, dalla trama del tempo e dell’inconscio e attraverso la velatura dei segni diventa una soglia oltre lo specchio e il mistero dell’identità. Immagine specchiante, dunque, e che suscita risonanze interiori, e tuttavia inarrivabile, confinata in un in un altrove spazio – temporale” - G.L. -
Silvana Leonardi è nata a Roma dove, dopo la Laurea in Storia dell’Arte e in Filosofia, inizia la sua attività di pittrice, scultrice e performer. Impegnata da sempre sul tema dell’arte al femminile ne ha fatto il tema di larga parte della sua attività, come nella mostra-installazione-performance DROMOI, (2005, Istituto di Cultura di Monaco di Baviera) che costituisce un percorso iconografico/mitologico/poetico all’interno della complessità del femminino. Ha esposto in più di 90 mostre personali e collettive in gallerie private e musei in Italia, Austria, Egitto, Francia, Germania, Svizzera, Malta e Stati Uniti. E’presente in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero e in alcuni musei, archivi e fondazioni tra cui: Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Spoleto, Biblioteca Alessandrina dell’ Università La Sapienza di Roma, Stiftung Mozarteum di Salisburgo, Collezione Suchard e Collezione Reber a Vienna, Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, Cathedral Museum of Mdina, Malta, Museo “G.Bargellini” di Pieve di Cento (Bologna). La sua attività è documentata in pubblicazioni edite da istituzioni e da privati e presso numerosi archivi e centri di documentazione italiani e internazionali. Attualmente vive e lavora a Roma.
MARILENA LA MANTIA
Poesia di Wislawa Szymborska scelta per “Share your Time, Share your Art”
"Non ce l'ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.
Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.”
Nata a Vittoria (RG) vive e lavora a Roma.
Poco dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Roma dove si diploma al Liceo Scientifico C. Volpicelli. Conseguita la maturità segue vari corsi di disegno dal vivo con l’artista Luciano Santoro e di acquarello, pittura e studio del nudo con l’artista Barbara Duran.
Frequenta per alcuni anni lo studio di quest’ultima artista, dove si delinea e matura il suo linguaggio espressivo incentrato nella rappresentazione della dinamica gestuale corporea, ispirandosi principalmente alla danza contemporanea.
La produzione successiva trae spunto dai suoi frequenti viaggi. Ha così inizio la rappresentazione delle suggestioni di città, scorci e paesaggi nordafricani e mediterranei.
Nella sua produzione attuale l’evoluzione della variegata sperimentazione espressiva s’incentra su diverse tipologie di atmosfere paesaggistiche con particolare riferimento all’elemento acquatico.
Le sue opere sono presenti in numerose collezioni private.
SARAB COLLECTIVE
Il collettivo SARAB fondato nel 2018 da Gianluca Ceccarini e Nahid Rezashateri si occupa di progetti fotografici, con una particolare attenzione ai temi dell'identità, della memoria e del paesaggio come processo culturale. Il collettivo si occupa anche di servizi editoriali per zine e photobook e gestisce SARAB MAGAZINE, uno spazio di condivisione per progetti di altri autori.
Alcuni loro progetti sono stati pubblicati in riviste specializzate nazionali ed internazionali, hanno partecipato a mostre collettive e personali in Italia e all'estero e sono stati selezionati per premi e call importanti come Urbanautica Istitute, Grenze Arsenali Fotografici, Yogurt Magazine, Fiaf ecc.
Gianluca Ceccarini
“L'Orchidea e la Primula
Diario da una quarantena
invisibile
/in·vi·ṣì·bi·le/
aggettivo
Che non si può percepire con la vista, per la distanza, la dimensione o altro.
Lo spazio che occupiamo è uno stato mentale dove ogni fenomeno, compresa la percezione di noi e della nostra identità, è un prodotto storico, mutante nel tempo, comunicante infiniti e metamorfici significati. La quarantena innesca modalità del vivere che, nonostante la l'obbligata staticità, aprono all'esperienza del mutevole. I giorni uguali agli altri, sospesi e monolitici, la realtà che si fa indecifrabile, la perdita di sicurezza, tutto concorre a farci sentire sulla pelle quanto tutto, nonostante i nostri sforzi, sia incontrollabile e mutevole. Abbiamo imparato che anche un virus può diventare mutevole e con esso le nostre paure e visioni distopiche. Abbiamo imparato che qualcosa di invisibile e infinitamente piccolo può fermare il mondo e quanto tutto sia connesso. Ho pensato a come questa condizione mentale durante la quarantena Covid 19 si sia innescata paradossalmente a causa di qualcosa di estremamente intangibile, invisibile, dalla forma seducente: una sfera, un piccolo pianeta grigio da cui si innalzano alberelli dalla chioma rossa. Le forme e le rappresentazioni dei virus hanno sempre qualcosa di attraente. Il virus conserva e protegge il proprio materiale genetico nel capside che può variare in dimensioni e complessità della struttura, poliedri che devono garantire efficienza e stabilità. Strutture geometriche complesse visibili all'occhio umano solo attraverso l'uso del microscopio elettronico. Abbiamo imparato quanto a causa di una Pandemia le dimensioni del micro e del macro siano cosi drammaticamente collegate, quanto il battito d'ali di una farfalla o il contatto con un entità biologica invisibile possano cambiare drasticamente le nostre vite e la nostra percezione. Non siamo soli. Non siamo che una parte di qualcosa la cui meraviglia e complessità ancora ci sfugge. ''Quale struttura connette il granchio con l'aragosta, l'orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi?'' G. Bateson
Laureato in Antropologia, mi sono occupato di ricerca demoetnoantropologica con un particolare interesse per le tematiche dell’Antropologia del Paesaggio e del Corpo cercando di dare prevalentemente spazio al metodo della Ricerca sul campo e della Visual Anthropology attraverso interviste e produzione di materiale visuale come foto e video. In tutte le mie ricerche ho sempre usato la macchina fotografica perché convinto che le immagini abbiano la forza di raccontare la complessità del reale spesso più delle parole. Le fotografie sono contenitori semantici, strutture dense di significato. Inizialmente il mio interesse per la fotografia era rivolto alla fotografia di Reportage e alla Visual Anthropology, da qualche anno sono proiettato verso un tipo di fotografia più sperimentale e di ricerca” - G.C.-
NAHID REZASHATERI
“Un uccello che già era morto mi ha consigliato di ricordarmi di volare.
Non devi ricordarti di me, ciò che conta è il ricordo del mio volo.
Non fermarti.
La direzione passa attraverso i capillari della vita.
Solo la voce resta,
ed ogni cosa sarà assorbita dalle particelle del tempo.
Questo è il mio diario dalla quarantena, il mio messaggio nella bottiglia.
''La meta di tutte le forze è di ricongiungersi, ricongiungersi
Alla chiara essenza del sole
E riversarsi nello spirito della luce.
È naturale
Che i mulini a vento marciscano.
Perché fermarmi?
Le verdi spighe di grano,
Io le porto al seno
E le allatto.''
Forugh Farrokhzad
Sono nata in Iran. Ho studiato alla Scuola d’Arte e poi Graphic Design presso l'Università dove ho approfondito le tecniche di ripresa e stampa fotografica analogica. Ho fatto uno stage presso l'Associazione Culturale Kadre Sefid e progettato libri per bambini. Ho lavorato in un giornale iraniano e in una rivista pubblicitaria come Graphic Designer. Sono stata direttore di un collettivo artistico dello Sharood Cultural Office che è stato coinvolto nella progettazione di cortometraggi e animazioni: da questa esperienza sono nate le due animazioni "Tanham" e "Adamha va Kalaghka". A Theran mi sono inoltre specializzata e ho lavorato nel campo del trucco teatrale e cinematografico. Nel 2012 mi sono trasferita in Italia dove ho studiato Media Art all’Accademia di Belle Arti e seguito corsi di fotografia ed editoria.” - N. R.