CONSORTI | BARBARA SALVUCCI
Opening Sabato 3 dicembre 2022 | ore 17.00 – 20.00
a cura di Valentina Luzi
EMMEOTTO ARTE | ROMA
Via di San Pantaleo, 66 – 00186
fino al 3 marzo 2023
Chi sono le Con-sorti?
Dal latino consors-ortis, sta ad indicare le compagne, le mogli, ma anche coloro che, e l’etimologia non mente, hanno segnato, partecipato, influenzato e condiviso le sorti delle persone al loro fianco.
Barbara Salvucci, che da sempre, nella sua ricerca artistica, non si tira indietro di fronte alla sperimentazione sulla materia e alle tematiche da trattare, decide di far “parlare” i suoi lavori realizzati in resina e tessuto e di ragionare sul concetto e sul significato della parola Cons-orti nella storia, raccontando il mondo femminile partendo dall’antichità. Le Con-sorti, mogli di più famosi imperatori e uomini di potere vengono sublimate da Barbara nel loro ruolo, decide di dare un valore a queste donne che erano “accanto” rendendole protagoniste, ma non nelle forme che il loro contesto di appartenenza avrebbe dato, ma diventano libere, astratte, diverse da ogni lato, create per essere apprezzate e guardate a 360 gradi.
L’idea creativa parte dalle serie delle Cover Light per Emmeotto Lab nel 2021, una serie di panneggi che tra il design e l’astrattismo richiamavano la statuaria classica e hanno poi ispirato un lavoro di portata ben più grande e profonda. La disposizione delle vesti che si appropriano della loro dimensione nello spazio, specialmente nella scultura, ha avuto una notevole importanza nella produzione artistica e nella storia dell’arte, è l’elemento classico per antonomasia, nell’Antico, nel Rinascimento fino al Neoclassico.
Nella storia dell’arte antica, la rappresentazione della figura femminile, spesso, ha assunto un ruolo subalterno (basti pensare a muse, ancelle, korai) o nella migliore delle ipotesi divino o contro natura come le dee (curioso ricordare come anche Athena, che aveva un posto di rilievo nei frontoni dei templi è una creazione maschile, nasce, infatti, dalla testa di Zeus) o le Amazzoni…gli uomini hanno i loro ritratti, che siano condottieri, imperatori, atleti…tutto porta ad esaltare la magnificenza del loro essere e del loro ruolo. Anche nella rappresentazione del nudo, quello maschile esiste da sempre come ideale perfetto di bellezza.
Barbara Salvucci decide di dare voce a donne realmente esiste, in particolare della Roma antica, ma in modo che possano raccontare la condizione femminile di tutti i secoli seguenti. I panneggi delle sculture sono donne presenti nello spazio, nella storia, nel qui e ora, sembrano fluttuare e smembrarsi nell’aria, si appropriano delle pareti della galleria e diventano un reperto archeologico della memoria, il tratto sul muro va a ricomporre ciò che è stato dimenticato o non raccontato, diventa elemento “contemporaneo”, la parte di tessuto che manca.
Ed eccole le Con-sorti, si presentano sul loro piedistallo, ognuna ha un nome e una vita, mai un lieto fine. Sfilano monumentali, ma delicate, leggere: Livia, Agrippina Minore, Ulpia Severina, Messalina e altre…donne che hanno preso in mano la sorte della loro vita, della propria famiglia e poi osteggiate, criticate, condannate per essersi “elevate” ad altro…la politica, il potere, la Res Publica…solo in mostra di fronte a loro sarà possibile scoprire il racconto del loro destino.
Alle pareti altre figure, altre donne, che siamo poi anche noi, le nostre madri, amiche, sorelle, figlie… In alcune sculture il panneggio si presta ad un movimento di accoglienza, un piano per le offerte, un grembo dove rifugiarsi, dove c’è conforto, ma soprattutto la creazione, l’essenza della vita, posti qua e là elementi del quotidiano, la clessidra che segna le ore tra passato e futuro, ampolle di profumo che guidano, attraverso un’esperienza sensoriale, il visitatore, fino ad accompagnarlo al cuore della mostra, e ancora una saponetta cristallizzata dal tempo, sintesi tra il rituale antico femminile per eccellenza di purificarsi tra olii e profumi ma anche oggetto di schiavitù di un ruolo “ideale” che ha influenzato l’immaginario collettivo per secoli.
E poi arrivano loro a chiudere la mostra o ad aprirla, il nostro specchio, il nostro presente, in un panneggio che non ci lascia indifferenti, una di colore blu intenso cangiante, che non si può disgiungere dalla nostra attualità e l’altra di un nero profondo, che racconta il Tempo, quello che dovrà accadere, le Con-sorti del futuro, di sé stesse, di tutti noi, l’emblema assoluto della metafora contemporanea.
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